Samia
Ho letto una breve recensione su Correre, e trovandomelo avanti in una bancarella ho comprato il libro di Giuseppe Catozzella. È la biografia di Samia Yusuf Omar, del suo amore per la corsa nonostante tutto (guerra + stupidi e devastanti integralismi) e del suo viaggio sfortunato verso l’Europa e le olimpiadi.
Nella letteratura podistica fa breccia un libro che racconta una storia bella e triste che vede la corsa come costante di una vita. La storia è quella di Samia, nata nel pieno di una guerra civile in Somalia, che ha scoperto presto di essere
forte a correre, tanto da vincere a 10 anni la corsa simbolo della capitale somala. Allenata da un suo coetaneo che ha imparato a leggere per imparare dai libri di atletica come allenare la sua amica fraterna, diventa la ragazzina più veloce della Somalia già a 13 anni. A 17 è chiamata a rappresentare la Somalia alle
olimpiadi di Pechino e la sua gara è paradigmatica: di fronte a campionesse con fisici forgiati ad arte per essere macchine vincenti, il suo fisico da scricciolo con una
maglietta in cotone lavata con la cenere dalla mamma e un paio di fuseaux, non passano inosservati. Corre i 200 m in 32”16, ultima di tutte le batterie, ma incitata dal pubblico. Desta anche l’attenzione dei giornalisti, così diversa dalle altre atlete e simbolo di liberazione per le donne arabe dei paesi oppressi dall’integralismo islamico. Quando torna in patria anziché essere accolta come un’eroina nazionale è additata come
pericolosa dal regime. Deve allenarsi di notte in uno stadio abbandonato perché di giorno dovrebbe correre col burka.
Lei vuole prepararsi per le olimpiadi di Londra e in Somalia non ce la può più fare. Affronta quindi il Viaggio, ovvero quell’odissea che consiste nell’attraversare il Sahara rischiando di venire inghiottiti dalla sabbia o ancor peggio in una prigione o in mezzo al deserto. Quando l’Italia è a 60 miglia, il traghetto con il quale sta viaggiando va in avaria. Il sogno di correre le Olimpiadi e di eguagliare il connazionale, ma con cittadinanza britannica, Mo Farah corre in un braccio di mare, quello che la separa dalla motovedetta italiana che ha gettato a mare cavi per richiamare a bordo chi decida di fare un piccolo pezzo di mare a nuoto. Samia
che non ha mai avuto paura di niente, o meglio non ha mai mostrato di aver paura, come le aveva insegnato il papà (“sennò le cose di cui hai paura diventano forti”), non teme il mare e lì si infrangono i suoi sogni.
Una storia commuovente, che apre uno spaccato forte su un dramma contemporaneo, quello dei migranti che cercano di approdare in Italia. La storia di una ragazzina leggera, che volava trasportata dal vento, il cui ricordo è bello onorare.
Nel link di seguito un videoracconto di Lucarelli in 45 minuti, che racconta la storia di Samia
http://www.rainews.it//dl/rainews/media/La-‐tredicesima-‐ora-‐Samia-‐Yusuf-‐ Omar-‐la-‐ragazza-‐che-‐imparo-‐a-‐volare-‐06fcd280-‐cd20-‐4893-‐8cfa-‐ 82d26ee87a5d.html