Ottavio Zenoni Ecco un breve sunto di questa esperienza, non sono un writer, prendetelo come un SMS:
“Un giorno mi chiama un mio carissimo amico e mi dice che sarebbe possibile fare un’iscrizione di gruppo all’IRONMAN di Klagenfurt,
Austria. Gli dico di si d’istinto, senza pensare, per tre motivi. Uno
perchè è lui che me lo propone, due perchè decido di sfidare me stesso
ancora una volta, decido di lanciare il cuore di nuovo oltre l’ostacolo e
di rincorrerlo, senza non posso starci mi dico.... e l’altro, e chi è
del giro sa, so quanto è difficile iscriversi ad una gara del genere che
fa SOLD OUT in 15 minuti alla mezzanotte dell’apertura delle
iscrizioni...ne vale la pena insomma.
Così si opta per un’iscrizione di massa al prestigiosissimo IRONMAN di Klagenfurt, Austria. Data, 30 giugno 2013.
Ricordatela 8, ricordatela mi dicevo mentre in quei mesi mi dedicavo ad arrampicare ed andare in giro per monti.
Passavano le settimane e la cosa sembrava non dovesse avere effetti sulla mia mente
mentre piano piano prendeva corpo, come tutte le volte, l’idea che mi
sarei dovuto confrontare ancora una volta con la fatica, gli impegni, le
gioie ed i dolori.
Butto già un programma di massima, tabelle, alimentazione, esami del sangue, test intermedi, poi......una sera cambiò tutto....
Bevendo una/due/tre birrette in compagnia di alcuni grandi atleti, che non cito anche se meriterebbero un libro a loro titolo,
chiacchierando sulla migliore strategia di allenamento mi si dice: “sai
che c’è? Io la vedo così. Per me un IRONMAN va allenato andando oltre
ogni distanza che ti prepari ad affrontare, come se per una 10k fai
allenamenti sui 15k talvolta...”
Mi si apre un mondo, è come se lo avessi sempre saputo ma non
volevo rendermene conto, allo stesso tempo comincio a preoccuparmi. Ci
penso bene, ha ragione!! Compro libri e riviste, leggo solo cose che
confermano ed avvalorano questa tesi, non ne voglio sentire altre. Nel
frattempo un’amicizia nuova si delinea e che guarda caso va in quella
direzione. Perfetto mi dico, tutto si allinea.
Inizio con i rulli in cantina, difficile immaginare la noia, corro la
domenica mattina, anelli da 21 ed aggiungo quanto posso, qualche
chilometro, sempre qualcuno in pià, sempre di pià, pianifico la maratona
di Milano in compagnia di una grande atleta che confermerà poi il suo
valore, preparo poi la maratona di Trieste (ci si va in bici a Trieste,
mi si propone, e lo faccio insieme aìd altri tre grandissimi atleti che
molto mi hanno insegnato...), la classicissima Milano/Sanremo e non
ricordo pià quante uscite ai limiti della “normalità “, è così che provo
a preparare questo IRONMAN. Niente SFR, niente fuorisoglia, niente
tabelle, niente progressioni, niente variazioni di ritmo, solo un gran lavoro a “sensazione”,
sempre. Nel nuoto soffro ma questo già lo so!! Fortunatamente incontro
un gruppo di nuotatori in quel di Dalmine che mi accolgono tra di loro e
comincio ad essere fiducioso, senza prefissarmi tempi ma sono
fiducioso...
Arriva il giorno della gara. Sono stranamente tranquillo, non mi capita
mai, neanche quando faccio una 21 chilometri tra amici...
Il cannone spara alle 7:00 AM puntuale e tremila persone si immergono in acqua ed iniziano a mulinare. Nel primo chilometro penso subito al ritiro,
brutta nuotata, brutte sensazioni, affanno, nervoso, troppe botte. Mi
calmo, ricorro agli amici che mi stanno pensando, continuo.
Arrivo al famigerato “canale” di uscita, una tonnara, soffro. Centinaia
di persone gridano, suonano campanacci, trombe, gridano ancora, trovo le
forze, avanzo tra mute viscide e fango, mangio terra, prendo botte,
arranco e finalmente esco dall’acqua.
Fuori dall’acqua grida di incitamento e facce amiche mi fanno passare
l’idea che sarà dura, corricchio verso la bici spogliandomi la muta.
Prendo la sacca del cambio e con grande calma inizio a cambiarmi.
Mi guardo in giro, mi godo il momento, ci metto almeno 10 minuti
(troppi!!) ma non mi importa. E’ così bello godersi i momenti come
questi. E’ così che decido di iniziare i 180 chilometri di bici che mi
aspettano. Nella mia testa frullano i Radiohead, i Pink Floyd, i Blur,
Elliot Smith, Sigur Ros, che tante volte mi hanno accompagnato negli
allenamenti mentre il lago di Worthersee mi parla placidamente di tempi e
mondi paralleli. Mi lascio andare. Mi rilasso. Guardo solo il cardio,
mai la velocità che però aumenta, aumenta sempre di pià, lo sento,
supero un sacco di persone, atleti con strutture muscolari da farmi
vergognare. Penso che mi facciano il piacere di farsi superare perchè
sono troppo magro e forse qualcuno gli dice di farmi questo favore
allora mangio, mangio di continuo. Saluto tutte le persone che sul percorso,
e sono tante, sostengono tutti gli atleti, tanti se ne accorgono,
sembrano bambini, alcuni sono bambini di 80 anni, fantastico!!
Supero i primi 90 chilometri ma le gambe girano “strane”, non come
vorrei. Dopo 120 chilometri inizio a sentire qualcosa cambiare, le gambe vogliono andare,
la frequenza cardiaca è bassa, stranamente bassa, non so se
preoccuparmi od esserne felice. Continuo a tenere sotto controllo il
cardio, continuo a godermi il pubblico, sono emozionato. Gli ultimi 40
chilometri passano in un attimo, rispetto le regole, non prendo scie, mi
diverto e mi commuovo, guardo in faccia ogni persona sul percorso, li
saluto, è un mantra, sono in trance, sono felice mi sento bene
nonostante le notti dormite in tenda a 7 gradi.
Arrivo in zona cambio T2, qui ci metto 5 minuti, la solita flemma (non è
da me), cosa succede? Mi domando, sono 42,195 adesso lo sai? Come stai?
Mi domando ancora ma non mi rispondo mai, meccanicamente guardo il
cardio, è sempre li sui 150, funzionerà? Faccio un’accelerazione, quelle
che non ho mai fatto in allenamento, funziona, in un attimo sale a 165,
il passo scende a 4:15. Mi dico che c’è qualcosa che non va. E’ troppo
strano. Inizio a visualizzarmi ed a fare un pò di lavori mentali. Al
quindicesimo la solita crisi, io ho le crisi al 16 in maratona,
qualcuno lo sa, ci ridiamo sempre sopra, non mi spavento. Ad ogni
ristoro mi bagno la testa, bevo, prendo gel (non per i capelli!!) e
cammino per 100 metri, ma porca miseria le gambe mi dicono, allora corri
all’indietro già che ci sei pirla!!!
Ma le gambe cos’hanno oggi? Vogliono andare ma la sala comandi mette un
divieto tassativo. Le gambe, recalcitanti lo rispettano, sono nervose.
Cosi, bene o male arrivo al trentottesimo di maratona. A questo punto le gambe si sono rotte,
adesso prendono loro il sopravvento, inizio a corre sul serio, volo,
non so cosa mi succede, non guardo il tempo da molte ore ormai e
continuo a non farlo, eppure basterebbe premere un paio di bottoncini
sul Garmin, solo il cuore che finalmente sale, sale, sale mentre sento
le grida del pubblico sulla finish line, il solito nodo in gola si
impossessa di me, comincio a chiudere il body, so che ci saranno le
fotografie e vorrei essere presentabile, un grido spunta dalla gola senza il mio consenso, poi un altro, poi un altro ancora, è finita!! Non ci credo, è finita!! Mi commuovo.
Quasi un senso di tristezza mi assale, sono passati pochi minuti e già
mi manca, questo IRONMAN che mi ha fatto compagnia per tanti mesi adesso
è finito. Ripenso a tutto e tutti, TUTTI, un senso di passione e gioia ed amore mi pervade.
Sono in pace.
8”
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